È l’inizio di un classico weekend di gara e davanti allo sportello della segreteria di Varano si forma una lunga coda di piloti: chi è ancora in pigiama, appena uscito dal suo camper e chi ha già mezza tuta indosso, come ad averci dormito dentro, viste le infradito che gli fanno da supporto.
Fa un gran caldo e le mani iniziano ad agitarsi dentro all’ufficio, sventolando moduli e passandosi penne a sfera per compilare le iscrizioni. Una di queste sbuca ogni tanto da dietro le vetrate, passando di volta in volta ad ogni pilota, uno scatolotto di 5 centimetri per 3, spesso 1; liberandolo dalla morsa infernale della coda e facendolo correre di tutta fretta verso il suo box.
“Tutti i dati rilevati in pista che contribuiscono al risultato della giornata, passano attraverso il mio computer.”
E così Claudio, cronometrista dedicato al mondo dei Trofei, inizia a tenere traccia del suo importantissimo schema, estremamente semplice, ma altrettanto fondamentale.
Dal giorno prima, i passaggi della rete di rilevazione dei tempi sono stati connessi e verificati nel loro funzionamento, così da garantirne la rapidità di trasmissione nelle frenetiche ore che stanno per arrivare.
La cabina di cronometraggio è posta esattamente sopra alla linea del traguardo e dà un accesso visivo a buona parte della pista; da qui, la situazione è sotto controllo.
Il transponder è un cubetto al quale interno viene posto un chip, alimentato da una batteria.
Questo strumento viene agganciato al mezzo assegnato al pilota e durante ogni sua tornata, avrà il compito di mandare impulsi elettromagnetici alle antenne poste lungo il tracciato.
Sotto alla linea del traguardo viene posta la prima di queste strutture di ricezione, la più importante, che avrà il compito di ricevere i segnali d’inizio e fine giro, realizzando il tempo totale.
Lungo i tracciati più estesi o complessi ne vengono poste altre, che in ugual modo rileveranno gl’intertempi e le velocità di passaggio, mandando in cabina di comando i risultati sul giro.
“L’impegno costate è quello di controllare che il transponder stia funzionando correttamente, che la batteria non si sia scaricata e che il pilota l’abbia effettivamente montato sul mezzo.”
Solo con controlli preventivi durante le prove libere si può essere certi che in qualifica ed in gara la macchina sia ben oliata; il margine d’errore non è contemplato.
I primi risultati appaiono sui computer e le informazioni vengono inviate via internet alla postazione di regia video, dove si sta iniziando a testare la trasmissione della gara in diretta, per poter mostrare al pubblico lo svolgimento della gara.
I dati scendono fin giù in segreteria, dove le prime classifiche vengono stampate e distribuite in ogni box, tenda e caravan parcheggiato nel paddock; i piloti iniziano a capire dove possono spingere più forte.
È un lavoro molto stressante e bisogna tenere d’occhio un mucchio di cose in un decimo di secondo; non ci si può lasciar sfuggire la minima informazione.
Conoscere piccole nozioni sulla fisica e sulla misurazione del tempo aiutano a chiudere quel bagaglio di esperienza che assieme alla conoscenza informatica, riescono a farti ricoprire con serenità questo ruolo, così semplice nella sua struttura, quanto frenetico nello svolgersi.
“Molta gente ha abbandonato questo lavoro; non tanto per l’incompetenza, ma per il fatto che ha iniziato ad odiare le gare stesse. Serve molta passione per le competizioni.”
Prove, qualifiche e gare si scatenano in due giorni di fuoco sotto al sole cocente dell’estate e un passaggio di due piloti a braccetto sulla linea a scacchi sembra mettere in crisi le classifiche di gara. Dalla postazione di controllo sopra di essi si corre a controllare le telecamere del circuito, alla vecchia maniera, fotogramma dopo fotogramma.
Ogni transponder viene montato con piccole distanze differenti da ogni avversario e basta un centimetro in meno per rimescolare le carte. Con tempi molto vicini, sotto agli 8 millesimi di secondo, in casi come questi l’occhio umano viene in soccorso alla moderna tecnologia.
Questa è quella che chiamiamo “la magia del Fotofinish”.
Cristian Salmistraro