Un inno per un anno d’amore. La storia (in costruzione) dei miei Trofei Malossi

La ricerca di una figura capace di raccontare un mondo a due ruote in modo nuovo, diverso. “Sì. In fondo è proprio questo che intendo– rispondo - per giornalismo. Per quanto riguarda il mio contributo alla professione, perlomeno. Ma per VOI, esattamente cosa intende? VOI chi?” Qualche secondo di sospensione: “Race Service Malossi: stiamo cercando una persona che contribuisca a raccontare i Trofei Malossi in forme nuove.” STOP. Fermo immagine. Riavvolgo per un istante il nastro mentale mentre cerco di gestire quell’ultimo centimetro cubo di ossigeno rimasto in gola. E non cado dalla sedia solo perché sono seduta sul divano.

Perché per me Malossi significa lontane domeniche tra gare e gas di scarico, parco chiuso e punzonature dei mezzi con controllo del posizionamento degli adesivi forniti. Tra questi ultimi i Malossi. Quelli belli, colorati e rari perché che in ogni pacco gara ce ne sono solo due e nessuno mai te ne farà dono. Al massimo potresti arrivare a conquistarne mezzo scazzottando nel paddock, finendo per rimetterci, ingloriosamente, un dente. No, meglio di no. Meglio preservare sorriso e dignità e lasciarli attaccati lì, alla memoria. Tanto i denti quanto gli adesivi.

Senza lontanamente immaginare che ad aggiustare i conti ci avrebbe pensato un sabato di 25 anni dopo, quando Malossi diventa una voce al telefono e una proposta di lavoro. Di quelle che mentre parli stai già facendo la valigia e che al termine della chiamata sei già in stazione ad acquistare il biglietto del treno. Mentre cerchi di non illuderti troppo e mantieni un sangue freddo da fare invidia a un’iguana delle Antille. Nel frattempo ti proponi di non rivelare a nessuno questa novità, eccezion fatta per un paio di selezionatissimi consanguinei. Perché la superstizione non è cosa per me, certo che no, ma la prudenza è saggezza in atto. 

Il resto è la storia di quel mondo che racconterò e che subito mi accoglie senza incertezze. Arrivando il venerdì sera al circuito Tazio Nuvolari di Cervesina, mille anime nella provincia di Pavia, penso che mi darò una stagione per ambientarmi. Alla domenica sera il pensiero è già stato sostituito: da “diamoci una possibilità” a “ci vediamo a Magione” è la sequenza che sintetizza al meglio quanto successo in 48 ore scarse. Perché riassume l’ospitalità di tutto quel mondo, nessuno escluso, che non potrò raccontare se non con passione e trasporto. Procedendo per osmosi. Mi avevano detto che avrei trovato una grande famiglia e lì, a bordo pista, capisco che chi parlava non stava esagerando. Nessuna iperbole, tutta realtà. 

Perché se Cervesina si distingue per presentazioni, strette di mano ed esplorazione, studio delle categorie e tentativi di riconoscere i piloti una volta in pista memorizzando almeno i numeri, a Magione ci sono cuffie e microfono ad attendermi, insieme a un caldo che la Death Valley è nulla al cospetto e una griglia di partenza che fa già casa: trovarmi lì a pochi secondi della partenza mi sembra, da subito, normale amministrazione. Al Riccardo Paletti di Varano de’ Melegari, arrivata la metà di luglio e sopravvissuta alla canicola umbra, nei Trofei Malossi ho già trasferito la residenza, soprattutto quella del cuore. E la domenica sera, mi trovo alle prese con foto e video da salvare nel telefono, perché alla prossima gara mancano due mesi e la nostalgia che mi saluta sulla linea dell’orizzonte mi dice che avrò bisogno di ricordi quale supporto morale.  

Arrivare al Malossi Day, infatti, sarà una lunga attesa. Ma un finale di stagione come la tre giorni di Vallelunga rivelerà quanto sia valsa ogni pena. Sarà per quella brezza che soffia nel tardo pomeriggio e sembra abbracciarti, per quel profumo di miscela e sfida per il titolo stagionale che persino gli innumerevoli caffè bevuti sembrano avere un sapore diverso. Fatto, quest’ultimo, non imputabile al tempo trascorso nei box a caccia di chiacchiere e storie, con il dubbio, al decimo minuto di permanenza, di aver scambiato il collutorio con l’olio motore. A fine stagione fa tana pure questo!

Sarà, anzi è, perché quella grande famiglia che guardo dal palco della cena di gala ora sì, posso dire saperla anche un po’mia. L’accoglienza di Sandro e Dina, Riccardo e Chiara, l’intesa istantanea con Rebecca, le braccia aperte di tutto lo staff e dei miei colleghi tutti, dei piloti, dei team, delle famiglie e degli amici, di questo universo di scooter dai colori sgargianti che non trova descrizione migliore di quella che mi permetto di rubare a Raffaele Mazza, papà di Francesco Paolo: “è una questione di stile: ce l’hai o non ce l’hai. E qui c’è tutto quello di Sandro Malossi e della sua famiglia.” 

E così a me non rimane che raccontare qui e così i miei Trofei Malossi, con questo inno per un anno d’amore, in questo lunedì 11 maggio 2020. Giusto giusto un anno dopo quel sabato in cui iniziava la nostra storia, quel colpo di fulmine al primo sguardo e quel nastro in PAUSE, fermo a 25 anni fa che ora scorre e si posiziona in modalità PLAY. Mentre fra le dita stringo, finalmente, un bel mazzetto di adesivi Malossi. Il mio trofeo di fine stagione scorsa ma, anche, un terreno di conquista e rivincita, mentre sorrido con tutti i miei denti al loro posto e una certezza in tasca: mai perdere la speranza!

Emanuela Macrì