Sergio Boccardo: la magia di vent’anni di Trofei Malossi

di Emanuela Macrì

 


A metà strada tra il Polo Nord e l’Equatore. A 5mila chilometri da entrambi, e meno di 10 da Torino, sorge Moncalieri. Lì dove corre il 45mo parallelo, una linea immaginaria che, proprio in virtù di questa sua posizione, pare possedere doti magiche. Lì dove Sergio Boccardo è nato, cresciuto e, forse, qualche volta si sarà trovato a trattenere il respiro transitando per quel parallelo, come raccomandato dagli esperti del settore. 

Lui che oggi dopo vent’anni sulle piste dei Trofei Malossi, anziché di paralleli e scaramanzie, può dirsi, e a ragion veduta, esperto di categorie e podi: dopo l’esordio nel 2001 con il Gilera DNA, infatti, guiderà quasi tutte le tipologie di mezzi ammessi ai Trofei, passando dalla sella del Nexus e quello dello Zip fino alla T-Max Cup. Moltiplicando il suo impegno, ogni stagione, in più di una categoria. 

Anche se quella che si distingue, per me, è la ScooterMatic: per il suo alto tasso di competitività ma, soprattutto, perché imprevedibile, indecifrabile. In un momento sei lì davanti tra i primi, la curva dopo scivoli dietro il decimo.” Nessun trucco, però. E nessun incantesimo. Semmai “tanto divertimento in un gioco di scie e intelligenza per guidare un mezzo diverso da tutti gli altri. Con cui verso il finale conviene attendere il rettilineo, prendersi una scia e cercare di spuntarla su tutti risalendo posizioni, dopo aver lasciato qualche metro all’avversario.” 




Anche se tutta questa freddezza e questo calcolo non sempre si riesce a portarli con sé. Vedi quel finale di stagione nel 2011 quando “a causa dell’obiettivo da centrare mi sembra di sentire i nervi uscire dalla pelle. Siamo ad Adria già del mercoledì, in un crescendo di tensione fino alla domenica quando con Luca Parodi ci giochiamo il titolo italiano. In classifica generale siamo lì, attaccati e a vincere sarà quello che tra i due taglierà il traguardo per primo.” Trattenendo il respiro, probabilmente, al passaggio.

Dopo qualche giro appaiati mi arrendo all’evidenza dei fatti: si tratterà di una battaglia fino all’ultimo metro e, allora, mi concentro. Sul gas e sulla mia gara, estraniandomi da tutto il resto.” Tanto da non accorgersi che Luca, poco dopo, non è più nel suo raggio d’azione per via di una caduta. Tanto da non interpretare nemmeno ai segnali di Massimo Mendogho che gli consiglia di rallentare. “Una concentrazione connessa al movimento con cui Sergio si allena quotidianamente attraverso la pratica dell’ashtanga yoga, un aiuto considerevole anche per affrontare le gare in sella al T-Max “una categoria dove si gioca molto più di forza: il fattore velocità, infatti, è preponderante rispetto alla strategia che, comunque, non può mancare. Qui la questione delle scie è molto limitata e il 30% della gara te la giochi nella fase della partenza. Tutto un altro mondo, insomma, rispetto a quello dei 70cc.” Assorto a tal punto da non essermi nemmeno mai voltato indietro: solo dopo la bandiera a scacchi, una volta liberatomi di tutta quella elettricità, comprenderò quanto successo nel frattempo.”

Quel mondo a due tempi capace anche di lasciarti con il fiato sospeso. “Come quella volta a Vallelunga, quando sul rettilineo, nonostante la velocità decisamente sostenuta, riesco a schivare un pilota caduto davanti a me ma non quello che sopraggiunge da dietro centrandomi in pieno. E sarà stata l’adrenalina o la solita concentrazione, ma lì per lì non mi accorgo che il pilota, tamponandomi, non solo è rimasto impigliato con la gamba alla mia ruota ma, incredibilmente, è riuscito ad aggrapparsi a me.”

Un abbraccio fuori programma e, per buona sorte, senza alcuna conseguenza per i suoi protagonisti. Una piccola magia consumatasi lontana da quel 45mo parallelo che passa per Moncalieri. Evidentemente la fortuna non si cura della latitudine. E con tutta probabilità nemmeno dell’osservanza dei riti scaramantici.