di Emanuela Macrì
Delle medaglie mi sono sempre piaciute entrambe le facce. E sarà perché non credo che l’altra, di faccia, debba essere peggiore dell’una. Anzi, trovo che spesso proprio quella che definiamo la seconda, la meno importante se non, a volte, quella dello scotto da pagare, sia quella che alla fine ha più storie da raccontare. Più libertà nel farlo, senza il peso del primo posto da sopportare, punti di vista altri e angolazioni diverse. Visioni differenti. Come quelle permesse dai balconi dei circuiti che insieme alla vista di tutto percorso di gara, a un occhio attento sanno regalare anche qualche spunto in più. Come queste due storie nella storia dei primi due fine settimana della 34ma edizione dei Trofei Malossi.
La prima è quella di un pilota che nelle prove libere del sabato di Modena rimedia una caduta e qualche decisa ammaccatura. E che nonostante riesca a rimettersi in sella al suo 70cc numero 164 una volta raggiunto il box, con la borsa del ghiaccio schiacciata sul fianco che di lì a poco mostrerà un affresco violaceo, scuote la testa carica di dubbi: ce la farò domani a infilare tuta e aspettative e affrontare la gara? La risposta, manco a dirlo, sarà sì. Anche se i tempi in qualifica gli rifileranno un settimo posto in griglia che non era proprio quello su cui aveva puntato.
Pietro Rizzo (Enneci Motor Racing), però, è abituato a sorridere e guardare alla vita così. E quella risalita giro su giro che in gara1 lo porterà a chiudere in quinta posizione è una porta che si apre sulla fiducia, sulla certezza di potercela fare a stare davanti. A denti stretti per non sentire urlare un livido sempre più grande sul fianco. A tutta costanza per un secondo posto nella seconda manche che gli vale coppa e terzo gradino del podio di giornata. Dopo una partenza dalla terza linea della griglia. Dopo una caduta che voleva avere la meglio. E invece no, perché nulla possono escoriazioni e delusioni al cronometro, se ci credi e rispondi con il sorriso. Ma anche una decisa dose di gas.
Ma il paddock dei Trofei Malossi non è fatto solo di tempi catturati dal cronometro e marmitte che urlano. Perché questo è il luogo magico dove l’odore, inebriante, della miscela si mescola a quello, dolce, dell’umanità e dei gesti che valgono più di qualsiasi coppa alzata. Qui, infatti, può capitare che lontano dal tuo box ci sia un pilota in difficoltà per via di una caduta non senza conseguenze. Un ragazzo che sai venire da quella terra che è pure la tua e potresti non aver mai incontrato prima, poco importa, perché a contare è il fatto che possa aver bisogno di aiuto e supporto.
Quello che tutti i piloti siciliani non hanno nemmeno messo in dubbio di dare, ad Airola. Tutti, insieme. Lasciando moto, concentrazione e tempi nel box e mettendosi a completa disposizione del loro prossimo, prestando soccorso e riposizionando ogni cosa nel furgone perché potesse prendere il prima possibile la via di un ritorno anticipato. Mettendo in scena uno spettacolo di umanità che non dovrebbe stupire ma in un mondo che fuori, a volte, gira al contrario non è poi così scontato. Mentre qui non solo è normale, ma pure indiscutibile, amministrazione. Senza distinzioni di province e campanili ma solo per quell’istinto di dare un aiuto senza avere nulla in cambio se non questo breve racconto.
Per le storie come queste che tutte insieme – e qui non ci stavano – sono quell’altra faccia, quella che di un fine settimana nel paddock non finisce nelle classifiche e per le quali non ci sono medaglie. Ma ci possono occhi che le catturano e dita che scorrono sui tasti per raccontarle. Per parole che rimangono. Qui.