Giordano Benagli, all’Academy tra equilibro e follia

di Emanuela Macrì

Da Bellinzona, Svizzera, ai più importanti circuiti italiani. Sedici anni e studi commerciali ma in testa e in cima alla lista dei desideri per il futuro c’è il paddock quale luogo, quotidiano, di lavoro. Con casco e tuta o le mani nel motore, non importa, la mansione è relativa. Quel che conta sarebbe poter fare colazione ogni mattina con quell’aroma di miscela mista a competizione. 

Giordano Benagli arriva alla Malossi Racing Academy con una missione, al netto dei sogni, ben definita. Quella di trovare un punto di equilibrio tra il suo fuori, quella pacatezza di modi e il suo dentro, quel fuoco folle interno, cercandone uno in sella alle due ruote. Lui non ha mai guidato uno scooter e non è mai entrato in pista anche se sulle strade di casa, da qualche mese, guida un mezzo stradale 125cc.

La Vespa – e soprattutto la Vespa kittata Malossi per la pista – invece no, non l’aveva proprio considerata. “Poi la realtà ha superato di gran lunga le aspettative e guidarla non si è rivelata un’impresa facile. Anzi. Da subito si è capita la necessità di mettere insieme tante piccole strategie e conoscenze che piano piano stiamo scoprendo” grazie al percorso, collettivo e individuale, pensato dai coach.

L’esercizio – racconta Giordano – dello slalom con i coni a 5 passi è stato, finora, il più utile per impare i movimenti di bacino fondamentali per gestire alcuni momenti in pista e gara. Basilari per saper correggere una manovra, per salvare il salvabile in caso di necessità.” Mentre si lavora sull’obiettivo di imparare “a mantenere una concentrazione continua.”

E se rimanere freddi e controllati in pista rimane un obiettivo ancora lontano “impedire alle pressioni, alle tensioni, di avere la meglio, non farsi sopraffare da quella voglia di pista, quella cosa che ti mette i brividi solo a vederla, ma dominarla con giudizio e buonsenso è un traguardo più vicino.” Anche se poi nel box allegria e scherzi non mancano mai. 

Pane per un giocherellone (come si definisce) come lui stesso. Ora che il timore iniziale, quello di trovarsi in un gruppo e di non essere all’altezza dei concorrenti, ha lasciato posto al piacere di condividere momenti di divertimento (tanti) e di impegno (tanto anch’esso) e alla voglia di misurarsi tra i cordoli. 

Perché sono anche ambizioso e spericolato.” Un esempio? “L’ambizione è quella di vincere la mia vera battaglia, quella con me stesso. I coach stanno lavorando proprio per aiutarmi nel trovare un’armonia con la Vespa, una naturalezza in sella che mi permetta di essere più disinvolto alla guida. Un equilibrio naturale che mi porti, poi, ad occuparmi della battaglia con gli avversari.” 

E la spericolatezza? “Quell’occhio sempre puntato ai T-Max e quel pensiero che un giorno potrei, anzi vorrei, esserci anch’io in pista con loro. Quando passo dai box spero sempre ti sentire una sgasata: quel suono è musica esaltante.” Quel suono che spera un giorno sarà quello di un equilibrio (raggiunto) sopra la follia.