Mattia Simoni in Academy tra collaudo e pista: trova le differenze

 

Mattia Simoni ha 23 anni e vive a Bologna, nella vita è collaudatore Italjet. La sua partecipazione alla Malossi Racing Academy 2023, dunque, coincide con il progetto di Malossi e Italjet di portare il Dragster in pista per farne il mezzo che accompagna i piloti nella stagione di gare. Un arrivo, il suo che potrebbe sembrare scritto fin dall’inizio. 

E invece no – racconta Mattia – per nulla. La comunicazione da parte della azienda che avrei preso parte ai Trofei Malossi e al progetto della Academy nello specifico è stata una vera sorpresa. E terminata una prima fase di pura euforia e festeggiamenti è iniziata quella della preoccupazione.” In che senso?

Non vedevo l’ora di iniziare ma allo stesso tempo mi dicevo e lo dicevo ai colleghi in azienda, pronosticavo di andar male. Pensavo davvero di far molto peggio di quanto poi sono riuscito a fare fino a qui. Dando molto peso al fatto di non aver mai preso parte ad una gara e di non avere l’esperienza della pista. Un mezzo da collaudare è diverso da un mezzo con cui affrontare una gara.” Nessun vantaggio dunque?

Non quello che ci si aspetta: collaudare un mezzo è un conto, portare quel mezzo in pista e correrci una stagione, un altro. Quando inizi il collaudo ti viene fornito un mezzo che ha una serie di caratteristiche e tu, collaudatore, trascorrerai il primo anno di lavoro su quel mezzo a comprendere e tirar fuori anche il minimo difetto, ogni aspetto da migliorare o rivedere del tutto. Negli ultimi mesi, invece, quando finalmente sei in sella ad un mezzo che è il risultato del lavoro precedente, inizi a cercar di capire come guidarlo, come sfruttarlo al meglio.”

Aver lavorato sul Dragster, quindi, non sarebbe bastato. “Per affrontare la stagione in Malossi Racing Academy no. Ed io che quel mezzo mi aspettavo di conoscerlo mi sono trovato a scoprirlo in pista. Perché solo lì ho scoperto fin dove potevo spingerlo, cosa che in strada, ovviamente, non avevo potuto fare.” Un mezzo capace di stupire anche lui “per la sua gestione, soprattutto e dalle performance. Con quell’ammortizzatore monobraccio che prevede di affrontare le curve in modo differente dagli altri mezzi e permette un’entrata ed uscita in curva molto particolari.” 

Ma non è tutto solo mezzo. “Non mi aspettavo di essere seguito con tanta cura. Avevo immaginato di arrivare e di dover affrontare un weekend di gara da solo, di dover gestire in autonomia il tutto, invece ho trovato la dedizione di due coach come Rebecca e Luigi che con un lavoro scrupoloso e davvero molto serio seguono passo passo, per farci migliorare e dotarci di ogni mezzo per far sempre meglio.”

Lavorando su aspetti fondamentali ma che non ti aspetti che lo siano “come la concentrazione: per quanto si possano conoscere mezzo, pista e avversari, senza quella rischi di mandare tutto all’ariaE, ancora, la conoscenza millimetrica della pista: in questo ci hanno aiutato moltissimo i giri di pista a piedi con i coach a spiegare metro dopo metro caratteristiche e traiettorie. Se sai come affrontare una curva riesci a limare tempo, frazioni di secondo preziose.” 

Tra punti di forza e punti deboli. “Tra staccate – forza - e curve a sinistra – debolezza - per quanto mi riguarda. Punti su cui lavorare. Ma per essere la prima esperienza stagionale, seppure non si sia ancora conclusa, posso dirmi soddisfatto. Soprattutto se penso alle (basse, bassissime) aspettative.” E il futuro? “Penso che farò di tutto per incrociare ancora bandiere a scacchi e cordoli. Diciamo che ci sto lavorando.” Dobbiamo leggere “collaudando”?