Alice Guzzon e quel posto, il suo, in Malossi Racing Academy

di Emanuela Macrì

Una lunga treccia che spunta da un casco che indossa dall’età di sei anni, da quando per emulare il fratello Andrea – come sempre faceva, in tutto - aveva chiesto di poter fare un giro sulla minimoto. Per scoprire, a detta del suo primo istruttore, in una giovanissima Alice Guzzon una pilota promettente. Con l’arrivo, a Natale, del primo mezzo e qualche anno di sfide tra i cordoli. Poi l’iscrizione alle scuole medie e una pausa da asfalto e miscela. La pista, per un po’ di tempo, è solo un luogo di frequentazione da spettatrice.

Però, quel retrogusto di miscela e asfalto, le è rimasto in gola. Così “da un paio d’anni – racconta la ventenne riminese – ho ripreso in mano la situazione, acquistando un motard e tornando tra i cordoli per allenarmi. Ma in modo serio eh!” Cronometro alla mano e via andare. Tanto che Andrea suggerisce di dare un senso a tutti questo impegno. Tanto che Alice si chiede “se nella Malossi Racing Academy ci sia un posticino per me.”

Quel posticino c’è anche se l’arrivo a Modena per il primo appuntamento non le sembra proprio il suo. “Al primo impatto sono un po’ timida e in quell’occasione mi sono sentita fuori posto. Ricordo – risata, NdR - perfettamente il momento in cui salendo le scale verso la sala dove ci attendeva la prova della tuta, guardando Devais mi sono chiesta: e questo chi si crede di essere?!” Sensazioni durate (nemmeno) lo spazio di un mattino. Da lì a poco, quello sguardo storto al rivale si raddrizzerà nell’amicizia che non ti aspetti e “già dal pomeriggio quel posto da estraneo si è trasformato nella mia confort zone.

In un fine settimana che la vede sul podio per la vittoria di giornata. “Un risultato che, però, mi suonava male, non rendeva bene l’idea della situazione. Non mi sentivo da primo gradino del podio e, infatti, da lì in poi dovrò lavorare parecchio. Per i risultati che, comunque, non sono mancati e per tenere il passo, soprattutto mentale.” Umiltà? Sì. Consapevolezza? Anche, forse di più. Insieme a quella insoddisfazione “che mi fa vedere sempre prima il difetto e poi il pregio, quando analizzo, a non essere mai soddisfatta e sempre alla ricerca di miglioramento.” Che la porta al finale di stagione in vetta alla classifica.

Un primo posto che ho iniziato a difendere da Binetto, dove al trionfo di Devais ha risposto una Alice che non conoscevo: aggressiva, grintosa, che azzarda sorpassi, che non si tira indietro in bagarre. Ho trovato un po’ di quel coraggio, quella sfrontatezza che mi mancava.” A proposito di passo mentale. “Un aspetto in cui Rebecca e Luigi mi stanno aiutando molto. Basti pensare che io non avevo mai considerato di dover pensare e mettere in pista una strategia. Una necessità che dalla tappa di Cervesina in poi – dove mi sono fatta fregare (ride, NdR) per tutto il week end da Mattia Simoni e Devais che approfittavano della scia mentre io manco mi rendevo conto di tirarli - ho capito essere imprescindibile.” 

Il lavoro, certo, non è finito. Anzi. Ma quanto visto sull’asfalto dell’Autodromo del Levante è decisamente incoraggiante. “A Varano de’ Melegari sarà, dunque, una rivincita personale oltre che una sfida per difendere, con le unghie e con i denti, quel posto in classifica.” Con le unghie, di sicuro visto che Alice lavora per un futuro da onicotecnica “anche se spero di diventare una di quelle ginnaste ottantenni in forma smagliante. Una ottantenne in sella, però.” Che noi immaginiamo con le unghie laccate e in palette con il casco. E l’immancabile treccia che spunta.