di Emanuela Macrì
Un team è, anche, una questione di feeling. Con una frase che sì, ricorda il titolo di una canzone a più voci di qualche anno fa, ma che qui è il modo migliore per raccontare una storia che inizia lì dove finisce l’autostrada a Massafra, poco lontano da Taranto. Nei lunghi pomeriggi della metà degli anni ’90 quando un adolescente Claudio Monaco scopre nell’officina del fratello maggiore una passione travolgente.
E ne nasce un amore, quasi tardivo, per i motori. Ma il tempo perduto, vien presto recuperato da Claudio che prima si fa le ossa nelle gare dei ciclomotori, in sella a veri miti quali il Ciao e il Califfone (e guai a chi non ammetterà di averci impennato, almeno una volta, nella vita). Poi, qualche anno più tardi, a causa dell’incidente di suo fratello Michele, che sull’asfalto ci lascia tibia, perone e qualcos’altro e la necessità di sostituirlo nelle gare degli scooter darà vita a un nuovo amore, quello per i 70cc e per i Trofei Malossi. Un sentimento di quelli che non riesci a mandare via nemmeno quando un infortunio alla spalla e un tempo sempre più ridotto per l’allenamento ti convincono che è ora di lasciare.
Perché è proprio un attimo dopo aver appeso il casco al chiodo che inizia “la carriera – racconta l’ex-pilota - da preparatore e, con essa, la ricerca di qualche ragazzo da seguire in pista: il primo ad arrivare sarà Franco Carlucci, che ancora oggi è nel team come Rocco Nucera arrivato un paio d’anni più tardi. Anni in cui riusciremo a schierare in griglia fino a sei scooter.” Oggi, invece, i piloti sono la metà ma con l’arrivo di Fabio Testa a gareggiare sotto le insegne Monaco si è deciso di sconfinare per approdare al girone Nord.
Un gruppo coeso, una famiglia che alla voglia di far festa “è tutto un film già dalla partenza da casa” aggiunge quel feeling particolare, quella comunicazione che, spesso, non ha nemmeno bisogno di parole. “Ci trasmettiamo emozioni, parliamo con lo sguardo e capiamo subito se c’è qualcosa che non va. Mi preoccupo di dar loro tranquillità, magari una pacca sulla spalla dicendo che ci rivedremo di lì a poco, di preoccuparsi solo di fare il meglio possibile.”
Una tranquillità quella di Claudio, però, solo dissimulata. Una volta al muretto, infatti “inizio a esultare, gridare, soffrire e incitare, in un dialogo con i ragazzi in pista che, in realtà, è solo un monologo. Un’abitudine che mi porto da quando in sella e in griglia c’ero io. In quei pochi minuti spesi a parlare da solo per progettare una gara che poi, puntualmente, era diversa da come l’avevo immaginata.”
E Binetto, la pista di casa, con i Trofei Malossi a fare da sfondo ogni volta, ne ha viste di queste situazioni. “Una volta da pilota, quando dopo aver rotto albero e cilindro e rinunciato alla prima qualifica per poter rimediare al danno, entravo in pista con gomme, diciamo, un po’ datate. Nel caos, infatti, non mi ero preoccupato di sostituirle ma questo, fortunatamente, non mi aveva impedito di risalire dalla settimana posizione della partenza fino alla testa della gara, in una battaglia con Gianfranco Rivieccio, che poi quella gara la vincerà, ma riuscendo nell’impresa di segnare tempi che ancora oggi non sono facile da ottenere.”
E poi quella volta da preparatore “quando nella settimana pre-gara tutto era filato liscio. Troppo per non destare sospetti. Ma la tranquillità ci aveva permesso di trascorrere il sabato mattina al box per dare inizio alle prove libere solo verso il mezzogiorno. Prove che dureranno, peraltro, davvero poco: al secondo giro sia Carlucci che Nucera incappavano in due tamponamenti che daranno, quale unico risultato, la distruzione degli scooter e la mia decisione di rimettere i pezzi sul furgone e tornarmene a casa”.
Ma un team è quel luogo dove una pacca sulla spalla ricevuta un attimo prima di accendere il motore per la gara, si trasforma in una pacca sulla spalla data perché quel motore possa accendersi di nuovo. Anche quando sembra impossibile. “A salvarci sarà un ex pilota del team, Pasquale Lanzilotti, che alla nostra telefonata risponderà percorrendo più di 100 km per raggiungerci e mettere a disposizione il suo scooter, caricato in auto, dal quale preleveremo ogni pezzo da sostituire. Al termine di quel fine settimana porteremo a casa il miglior tempo in qualifica di Nucera, davanti a Carlucci che, però, si aggiudicava gara2 e il titolo di giornata mentre per Rocco sarà un podio sfiorato, un quarto posto che aggiunto al risultato di Franco e alla luce delle condizioni del sabato, aveva il gusto del surreale.”
Considerando, anche “il livello davvero alto raggiunto nei Trofei Malossi, dove un minimo errore nella preparazione può farti perdere molte posizioni in qualifica come in gara. E senza dimenticare quanto sia particolare il motore a due tempi, sensibile anche agli agenti esterni al punto da poterti aspettare che alla riaccensione non sia lo stesso che avevi sistemato alla perfezione.”
Il rimedio, però, c’è. Sempre. E il segreto pure. Per trovarlo basta tornare a qualche riga più su e rileggere. Per capire quanto un team sia sì una questione di feeling e di comunicazione extraverbale ma anche di cuore e disponibilità, il luogo dove ogni gesto ne genera uno uguale e contrario (per direzione). E che se semini il bene non potrai che raccoglierne dell’altro. Magari pure moltiplicato.